Un’esperienza di scuola lavoro che fa riflettere
Nel mese di febbraio noi studenti della Classe V A del Liceo delle Scienze Umane di Orvieto, accompagnati dalla docente della disciplina di Indirizzo – Scienze Umane,nell’ambito del Progetto di Alternanza Scuola Lavoro dal titolo “Laboratori di Vita”, abbiamo avuto la possibilità di “conoscere” la Casa di Reclusione di Orvieto. L’esperienza di stage, nella sua totalità, è stata interessantissima e soprattutto in linea col nostro percorso di studi che risulta estremamente arricchito grazie a questa“incursione” nella realtà territoriale in cui viviamo , che riserva “zone d’ombra” poco note ai più. Grazie alla disponibilità dell’equipe medica ,composta da psicologi, psichiatri, criminologi ed educatori,che ci ha accolti e guidati ,abbiamo potuto approfondire le nostre conoscenze disciplinari e osservare “direttamente sul campo” le professioni che meglio rappresentano il prolungamento del nostro percorso formativo. Entrare nel carcere da “osservatori attivi” è un’esperienza che non in molti possono fare e per noi è stato davvero emozionante sentire la porta d’entrata del carcere chiudersi alle nostre spalle, quasi a fare ingresso in una realtà parallela, visitare tutti i locali che compongono l’Istituzione penitenziaria e interagire con le persone che vivono e operano ogni giorno all’interno della struttura. Noi studenti ci siamo resi conto di essere entrati in questo luogo vestiti di pregiudizi e di essere usciti spogli di tutto ciò e arricchiti di una solidarietà profonda verso gli uomini che abbiamo incontrato. Questa “trasformazione interiore” è avvenuta già al nostro primo incontro, quando, grazie all’attività teatrale, abbiamo interagito con i detenuti ed è maturata nel corso del laboratorio di poesia, quando la lettura dei testi ha suscitato riflessioni e ha fatto sgorgare emozioni espresse e rese palpabili dalla stessa voce dei detenuti: si percepiva la nostalgia per le piccole cose di tutti i giorni, per la propria terra, la malinconia derivante dalla lontananza dalla famiglia e dagli affetti più cari. Abbiamo compreso che per entrare in contatto con loro avremmo dovuto lasciarcadere pregiudizi e timori, perché i detenuti non sono individui esiliati dalla società per sempre, non sono mostri irrecuperabili, sono solo persone che per necessità o anche per volontà hanno fatto le scelte sbagliate, sono persone che hanno smarrito la strada e che stanno cercando di porre rimedio agli errori commessi, recuperando se stessi e la propria vita. È stata questa la cosa più bella della nostra esperienza, ascoltare le storie di vita di alcune persone e riconoscerle davvero come tali. Giulia ZAGO ( V A Liceo delle Scienze Umane)