Gli studenti delle classi quinte del Liceo delle Scienze Umane hanno avuto l’opportunità di vivere in questo anno scolastico 24-25 un’esperienza unica e formativa presso la Casa di Reclusione di Orvieto, esperienza coerente e in linea con le tematiche studiate nell’ambito delle discipline che compongono le Scienze Umane, e tale esperienza “attiva” e “laboratoriale” rappresenta la naturale prosecuzione degli argomenti teorici affrontati in classe.

Gli educatori del carcere hanno guidato magistralmente l’esperienza degli studenti, conducendoli nel primo incontro, all’interno dell’Istituzione, chiarendone la struttura, i metodi e le finalità, e illustrando l’importanza del lavoro di équipe che all’interno del carcere coinvolge molteplici figure professionali ( educatori, psicologi, assistenti sociali, pedagogisti, medici, infermieri, polizia penitenziaria, insegnanti …) che collaborano a e che sostengono i detenuti e alcuni di loro, compatibilmente ai loro impegni, sono intervenuti personalmente, illustrando il proprio specifico percorso formativo e ciò ha avuto un grande valore di Orientamento post-liceale.

L’esperienza inoltre ha permesso che i ragazzi si confrontassero con un contesto spesso stigmatizzato approfondendo tematiche fondamentali come il pregiudizio, la speranza e l’empatia.

L’incontro con i detenuti ha rappresentato un momento di grande riflessione. Attraverso il dialogo e la condivisione, gli studenti hanno rafforzato la già viva e forte consapevolezza che le persone che si trovano in carcere non sono riducibili a semplici etichette. Ogni detenuto è una persona: porta con sé una storia, un passato e delle esperienze che meritano di essere ascoltate e comprese. La conoscenza reciproca ha permesso di abbattere barriere e pregiudizi, aprendosi a una visione più ampia e umana di Istituzione carceraria.

Nell’ultimo incontro gli studenti hanno portato con sé poesie che affrontavano temi universali, come lo stupore e la speranza. Questi testi sono stati punti di partenza per riflessioni profonde e significative, stimolando un dialogo autentico tra i ragazzi e i detenuti. La poesia, con la sua funzione catartica, si è rivelata un potente strumento di comunicazione, capace di esprimere emozioni e pensieri, che spesso rimangono sopiti. Dopo questo primo momento collettivo, gli educatori del carcere, che hanno guidato tutte le nostre attività, hanno formato gruppi misti più piccoli, con detenuti e studenti, che hanno avuto così l’opportunità di “raccontarsi” reciprocamente, mostrando la complessità delle vite di ognuno. I detenuti hanno parlato delle loro scelte, dei loro sogni e delle loro speranze per il futuro, mentre i ragazzi hanno ascoltato con attenzione e rispetto, riconoscendo l’umanità in ognuno, indipendentemente dal contesto in cui ci si trova. Ulteriore esperienza arricchente in cui si è compresa l’importanza dell’ascolto attivo e della comprensione: valori fondamentali per la costruzione di una società più inclusiva, solidale e giusta.

Francesca Ienco , per le Quinte Scienze Umane

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